Cos’è la rettocolite ulcerosa?
E’ una malattia infiammatoria cronica del grosso intestino (colon e retto) che si manifesta con importanti sanguinamenti dal retto, diarrea, dolori addominali, perdita di peso e febbre. Nelle forme gravi, la RCU può insorgere con una grave condizione acuta in cui tutto il colon si dilata a dismisura e si instaura una sepsi acuta (infezione acuta) che può condurre il paziente al decesso (megacolon tossico). Nei pazienti da molti anni affetti da RCU, esiste un elevato rischio di sviluppare un cancro del tratto colon-rettale. Le cause della RCU rimangono sconosciute. Tuttavia, come per il M. di Crohn, le teorie genetica ed autoimmunitaria sembrano le più accreditate. La mucosa del retto e del colon risulta cosparsa di ulcere e si presenta friabile e facilmente sanguinante: i tentativi della mucosa stessa di riparare le aree danneggiate portano alla formazione di “pseudopolipi” da cui possono poi originare i tumori.
Chi colpisce?
Ha la stessa incidenza nei due sessi e colpisce prevalentemente soggetti tra i 30 e i 60 anni. Tuttavia, può insorgere anche in età pediatrica.
Come si fa la diagnosi di RCU?
Una buona anamnesi e la rettoscopia durante la visita colonproctologica sono in grado di porre il sospetto di una RCU. La diagnosi viene posta mediante l’esame istologico dei frammenti di colon asportati durante la colonscopia (biopsie). Talvolta la diagnosi differenziale con il M. di Crohn a localizzazione colon-rettale non è agevole.
Come si cura la RCU?
Inizialmente il trattamento è medico, a base di antibiotici ed antiinfiammatori come gli aminosalicilati. Se questi farmaci non sono sufficienti, può essere usato il cortisone (prednisone) che, se usato per lunghi periodi di tempo, può dare numerosi effetti collaterali. Se anche la terapia cortisonica fallisce, vengono utilizzati farmaci immunomodulatori come la 6-mercarptopurina o la azatiopirina. Nella terapia di mantenimento sono preferibilmente utilizzati gli aminosalicilati o gli immunomodulatori. Nelle fasi acute con importanti emissioni di feci liquide commiste a sangue e muco, è necessaria l’ospedalizzazione e la somministrazione di cortisonici (steroidi) per via endovenosa.
Quando è necessario l’intervento chirurgico?
L’intervento chirurgico è indicato quando il paziente presenta complicanze gravi della malattia come sanguinamento massivo, perforazione dell’intestino con conseguente peritonite, infezioni importanti ed ogni qualvolta la terapia medica fallisca. L’intervento chirurgico è inoltre indicato quando la RCU è di tipo cronico ed è presente da molti anni; in tal caso, il rischio di sviluppare un cancro è molto alto. Nelle forme gravi, la RCU può insorgere con una condizione acuta in cui tutto il colon si dilata a dismisura e si instaura una sepsi acuta (infezione acuta) che può condurre il paziente al decesso: tale condizione è denominata “megacolon tossico” e l’intervento chirurgico diventa indispensabile per la sopravvivenza del paziente.
Quali tipi di intervento chirurgico possono essere eseguiti?
Storicamente, l’intervento standard per la completa guarigione sarebbe l’asportazione dell’intero colon, del retto e dell’ano. Questa operazione, denominata proctocolectomia, elimina completamente la malattia per cui anche il rischio di insorgenza del cancro. Purtroppo questa operazione richiede il confezionamento di una stomia definitiva e permanente (ileostomia). Tale intervento è altamente demolitivo ed invalidante ma molti pazienti, pur di liberarsi completamente dei sintomi della RCU, soprattutto nelle forme gravi, accettano di buon grado questa soluzione. Altro tipo di intervento è la rimozione dell’intero colon preservando il retto e l’ano (colectomia totale). Il piccolo intestino viene pertanto connesso con il retto (ileorettostomia) e la continenza fecale viene così preservata. Tale intervento evita l’ileostomia definitiva ma non elimina la RCU del retto e dell’ano per cui persistono l’urgenza defecatoria, le scariche di diarrea, il sanguinamento ed il rischio di cancro. Naturalmente, senza il colon, la malattia rimane meglio controllabile.
Esistono altre alternative chirurgiche?
Un’alternativa può essere l’asportazione del colon e del retto (proctocolectomia) con la connessione del piccolo intestino all’ano (anastomosi ileo anale). In tal modo il canale anale e l’ano sono conservati (per cui anche gli sfinteri). Per riprodurre una sorta di nuovo retto, unendo alcuni tratti di piccolo intestino viene confezionata una specie di sacca detta “pouch” che viene connessa al canale anale (ileopouch). La pouch ha il compito di rallentare il transito di feci liquide diminuendo pertanto la frequenza delle evacuazioni giornaliere. Per “mettere a riposo” le suture intestinali che vengono eseguite e preservarle dal passaggio di feci, solitamente viene confezionata una stomia (ileostomia) cosiddetta “di protezione” che è provvisoria e viene chiusa alcuni mesi dopo l’intervento (vedi il capitolo “stomia”). Nonostante il confezionamento dell’ ileopouch, molti pazienti hanno comunque dalle cinque alle dieci scariche giornaliere di feci liquide o semisolide. In taluni casi, l’ileopouch può infettarsi (pouchite) e sono necessari lunghi periodi di terapia antibiotica. Se però l’infezione non guarisce e la pouch perde la sua funzione di “serbatoio”, si rende necessario il confezionamento di una ileostomia definitiva.