Cos’è il rettocele?
E’ la condizione per cui la parete anteriore del retto protrude in vagina. Tale condizione è dovuta all’interruzione della muscolatura della parete anteriore del retto che diventa più sottile e debole proprio nel tratto adiacente la vagina: si forma così una vera e propria “sacca” nella la quale le feci si possono accumulare durante e dopo la defecazione. Tra il retto e la vagina esiste un sottile recesso che viene denominato spazio retto-vaginale: se la pressione dentro al retto aumenta, per esempio a causa di un eccessivo sforzo all’evacuazione, tale spazio si ampia al punto di formare una vera e propria sacca. La paziente riferisce la comparsa di una tumefazione nella regione posteriore della vagina. Altri organi possono determinare una pressione sulla vagina: se i tratta della vescica, si parla di ”cistocele” e la tumefazione si rende evidente sulla parete anteriore della vagina. Anche il piccolo intestino può determinare una pressione sulle pareti vaginali: si parla così di “enterocele”. Nell’uomo, il rettocele è molto meno frequente che nella donna ed è soprattutto posteriore.
Bisogna sottolineare come il rettocele sia molto comune e quasi sempre presente in tutte le donne dopo i 40 anni di età soprattutto se hanno avuto gravidanze. Tuttavia la maggior parte delle pazienti con rettocele è asintomatica. Dopo i 45-50 anni di età rettocele, cistocele, enterocele e prolasso del retto possono essere associati in una sindrome denominata “sindrome del perineo discendente” nella quale possono coesistere sintomi riguardanti la defecazione (stipsi o incontinenza), la minzione (incontinenza urinaria) e la sfera sessuale.
Quali sono le cause del rettocele?
La principale causa del rettocele è l’indebolimento della tonaca muscolare nel tratto di retto che si trova dietro la vagina (spazio retto-vaginale). E’ stato anche dimostrato un concomitante indebolimento delle strutture di supporto della pelvi. Certi fattori possono aumentare il rischio di formazione di un rettocele come i traumi da parto (dopo uso del forcipe, ampie episiotomie, difficoltà nell’espulsione del feto…), la stipsi cronica con difficoltà nell’espulsione delle feci, isterectomia (rimozione chirurgica dell’utero). Solitamente, questi problemi compaiono nelle donne oltre i 50 anni ma occasionalmente possono comparire anche in giovani donne nullipare (che non hanno mai partorito).
Quali sono i sintomi del rettocele?
Come abbiamo già detto, il rettocele è molto frequente ma solo in alcune donne determina la comparsa di sintomi che possno essere di tipo vaginale o rettale. Tra i sintomi vaginali, il più frequente è la presenza di un rigonfiamento sulla parete posteriore della vagina con sensazione di massa nella vagina stessa. Il dolore vaginale è meno frequente ma può comparire durante un rapporto sessuale (dispareunia). I sintomi rettali sono più frequenti ed includono la difficoltà all’evacuazione con notevoli sforzi a defecare, senso di evacuazione frammentata e di svuotamento parziale e/o incompleto. La sensazione di svuotamento incompleto è dovuta al fatto che le feci restano “intrappolate” nel rettocele e non possono pertanto proseguire nella loro discesa per essere espulse. Tante donne ricorrono così all’uso delle mani per favorire lo svuotamento rettale: mediante la pressione con le dita sulla tumefazione in vagina la paziente favorisce lo svuotamento delle feci intrappolate nel rettocele. Talvolta deve ricorrere all’introduzione di un dito attraverso l’ano per favorire l’evacuazione (digitazione). Questi sintomi intimi, in quanto tali, difficilmente vengono comunicati allo specialista dalla paziente. E’ fondamentale pertanto che lo specialista usi molto tatto nel formulare l’anamnesi. Le pazienti inoltre sono spesso costrette a ricorrere a frequenti clisteri o all’uso smodato di lassativi. Tale quadro di sintomi rappresenta la “Sindrome da Ostruita Defecazione”: parte dei sintomi (come per esempio il “senso di tappo”, l’eccessivo sforzo alla defecazione, il sanguinamento anale, il prolasso emorroidario) sono dovuti alla concomitante presenza del prolasso del retto, come già detto in precedenza.
Come si fa la diagnosi di rettocele?
Già mediante l’esplorazione rettale e vaginale è possibile far diagnosi di rettocele. Tuttavia, se sintomatico, il rettocele deve essere per così dire “misurato” e vanno ricercate eventuali patologie concomitanti come il prolasso rettale, il cistocele, l’enterocele o altro. È pertanto indispensabile eseguire una defecografia che, oltre lo studio del retto, comprenda lo studio della vescica, della vagina e del piccolo intestino (colpocistoenterodefecografia). Altro esame importante è la RM-defecografia, cioè lo studio defecografico in mediante la Risonanza Magnetica. I risultati di questi esami sono molto importanti perché ci danno delle informazioni utili per decidere il tipo di terapia da effettuare.
Come si cura il rettocele?
Bisogna sottolineare come sia importante trattare il rettocele solo se sintomatico. Molte donne presentano rettoceli di grandi dimensioni senza avere alcun sintomo; al contrario altre donne presentano importanti sintomi con rettoceli di modesta entità. E’ fondamentale pertanto lo studio completo di tutto il pavimento pelvico, una attenta anamnesi ed un buon rapporto medico-paziente.
Il trattamento medico deve sempre essere tentato. La correzione della dieta per evitare la stipsi e le feci dure deve sempre essere proposta. La dieta deve essere ricca di fibre e di liquidi (consumo di 1,5/2 litri di acqua al dì). Le fibre favoriscono la formazione di feci morbide e regolarizzano il transito fecale. Per favorire la produzione di feci morbide possono essere utilizzate mucillagini come lo Psyllium o degli idocolloidi che hanno la funzione di assorbire acqua.
Altro provvedimento importante è quello di evitare l’eccessivo sforzo per evacuare e l’eccessiva permanenza sul vater: qualora si avverta in senso di evacuazione incompleta, è preferibile andare in bagno più volte piuttosto che perseverare e compiere sforzi eccessivi e prolungati. E’ sconsigliabile l’uso di lassativi procinetici in quanto, a lungo andare, finiscono col danneggiare le strutture nervose e muscolari dell’intestino determinando danni a volte irreparabili.
Il trattamento chirurgico, un tempo solo di pertinenza ginecologica, è riservato ai casi in cui la terapia medica e fisica fallisce. Negli anni sono state proposte molte tecniche chirurgiche per riparare il rettocele, sia per via trans-vaginale, per via trans-rettale e per via trans-perineale. Quando il rettocele è associato ad altre patologie come il cistocele, l’enterocele o il prolasso rettale, possono essere utilizzati interventi chirurgici con approccio sia addominale che trasrettale. Quando il rettocele è associato al prolasso rettale nella sindrome da ostruita defecazione vengono maggiormente effettuati interventi per via transanale (vedi interventi per via transanale descritti nel capitolo “prolasso del retto”). Per saperne di più consultare il sito www.siucp.org.