Ideata dal Dr. Piercarlo Meinero, la VAAFT è indicata nel trattamento chirurgico delle fistole perianali complesse e delle loro recidive.La tecnica viene eseguita sotto visione diretta, grazie all’impiego di un dispoisitivo a fibre ottiche, il Fistuloscopio di Meinero (prodotto dalla Karl Storz SE & Co - Tuttlingen - Germania) connesso a un sistema video e a una sacca di
Oltre al fistuloscopio, vengono utilizzati un elettrodo monopolare collegato a un elettrobisturi, una particolare spazzola, delle pinze sottili. Questi “accessori”, passano attraverso il fistuloscopio che ha un canale ottico per la visione e un canale operativo per il passaggio degli strumenti e per l'infusione di una soluzione liquida di lavaggio.
L’orifizio interno della fistola può essere chiuso in vari modi: mediante una suturatrice meccanica, una particolare sutura (flap) o mediante l'utilizzo di un tratto di derma del paziente.
Descrizione della tecnica
La figura rappresenta schematicamente una fistola perianale complessa. Molto spesso sono presenti tramiti secondari o cavità ascessuali.
Il paziente viene posto in posizione litotomica (ginecologica); viene eseguita l’anestesia spinale o talvolta generale. Il Fistuloscopio viene connesso ad una colonna video mediante un cavo a fibre ottiche e ad una sacca da 3000 ml di soluzione di glicina e mannitolo all’1% che ha la funzione di irrigare costantemente l’interno della fistola permettendone la dilatazione e di garantire la perfetta visione sul video delle fasi dell’intervento.
Osserviamo l’ orifizio esterno, posto in sede perianale, l’orifizio interno che può essere localizzato nel canale anale o nel retto e il tragitto fistoloso che attraversa a vari livelli l’apparato sfinterico e può a vere un decorso più o meno tortuoso e spesso caratterizzato dalla presenza di tramiti secondari e/o cavità ascessuali.
La VAAFT prevede una fase diagnostica e una fase operativa.
A) La fase diagnostica
Gli scopi di questa fase sono la corretta definizione della "anatomia" della fistola, il riconoscimento di eventuali tramiti secondari e/o cavità ascessuali e la corretta localizzazione dell’orifizio fistoloso interno.
Il fistuloscopio viene inserito attraverso l’orifizio esterno e, grazie al flusso continuo della soluzione di glicina e mannitolo all’1%, il tramite fistoloso si rende ben visibile sul monitor. Mediante lenti movimenti del fistuloscopio, il chirurgo raggiunge l’orifizio fistoloso interno, situato nel canale anale o nel retto (figura 3). La progressione del fistuloscopio all’interno della fistola, sempre sotto visione, può essere paragonata alla progressione di un’automobile in una galleria. Qualora vi fossero altri tramiti fistolosi o cavità, il chirurgo può agevolmente evidenziarli e trattarli, grazie alla visione diretta.
Una volta identificato, l’orifizio interno viene isolato mediante l’applicazione di due o tre punti che non vengono annodati. In questa fase infatti l’orifizio interno deve essere ancora lasciato aperto poichè i punti hanno solo il compito di identificarlo e isolarlo (figura 4).
B) La fase operativa
Gli scopi di questa fase sono la distruzione della fistola dal suo interno, la rimozione del materiale necrotico in essa contenuto (eseguendo la perfetta pulizia del tragitto) e l’ermetica chiusura dell’orifizio fistoloso interno.
Attraverso il canale operativo del fistuloscopio, viene introdotto un elettrodo monopolare collegato all’elettrobisturi. Sul monitor, il chirurgo può vedere direttamente la punta sferica dell’elettrodo e può cauterizzare la parete interna della fistola, sempre sotto visione. La continua infusione di soluzione di glicina e mannitolo all’1% permette non solo l’ottima visione ma anche il riversarsi nel retto, attraverso l’orifizio interno lasciato aperto, del materiale necrotico prodotto dalla cauterizzazione. Il chirurgo distrugge quindi tutto il tragitto fistoloso e ogni eventuale tragitto secondario e/o cavità ascessuale (figura 5). Mediante una spazzola endoscopica introdotta attraverso il canale operativo del fistuloscopio, il chirurgo esegue la perfetta pulizia della fistola, sempre sotto visione diretta.
A questo punto il fistuloscopio viene estratto dalla fistola per procedere alla chiusura dell'orifizio interno. Questo fondamentale passaggio può essere effettuato in vari modi. Se il paziente non è mai sato operato e il tessuto circostane l'orifizio interno è perfettamente mobile e privo di cicatrici, può essere utilizzata una suturatrice meccanica. L’ assistente chirurgo, mediante una pinza, mantiene in tensione i fili di sutura precedentemente applicati sull’orifizio interno in modo da ottenere una sorta di “vulcano mucoso" il cui apice è costituito dall’orifizio fistoloso interno. Il chirurgo, alla base del “vulcano”, applica una suturatrice meccanica semicircolare (figura 6) o lineare (figura 7) e chiude ermeticamente l’orifizio fistoloso interno.
Il risultato finale è una piccola sutura in punti metallici (titanio) localizzata nel punto in cui era presente l’orifizio interno. In tal modo viene impedito il passaggio di materiale fecale nel tramite fistoloso.
Quando però il paziente è già stato operato più volte (plurirecidiva), i margini dell’orifizio interno sono duri e sclerotici per cui l’uso di una suturatrice meccanica può risultare difficile. In questi casi, le cicatrici provocate dai precedenti interventi impediscono una corretta trazione dei fili applicati sull’ orifizio interno: non si riesce pertanto a ottenere un buon “vulcano” adatto all'utilizzo di una suturatrice meccanica.
La chiusura dell’orifizio interno può così essere ottenuta mediante una sutura eseguita a mano previa rimozione del tessuto cicatriziale. Un tratto di mucosa sana circostante l'orifizio interno viene mobilizzata e utilizzata per la "copertura" dell'orifizio interno (advancement flap). Da circa 2 anni stiamo utilizzando un ottimo metodo per chiudere l'orifizio interno. Un tratto di derma del paziente, prelevato dalla cute dell'orifizio esterno, viene isolato e fissato con alcuni punti nell'orifizio interno, ricoprendolo poi con la mucosa circostante (Autologous Derma Flap). Tale procedura viene attualmente eseguita in almeno il 70% dei casi trattati con la VAAFT.
I Vantaggi della tecnica
La VAAFT viene eseguita in regime di Day Surgery per cui il paziente viene dimesso il giorno stesso dell’intervento.
Questa tecnica rappresenta un grosso passo avanti nel trattamento delle fistole perianali complesse. I vantaggi sono sia di carattere tecnico che clinico. Il primo vantaggio tecnico è la visione diretta che consente di seguire il tragitto fistoloso primario e di identificare anche eventuali tragitti secondari senza il rischio di "rompere" la fistola e provocare false strade. Il secondo vantaggio tecnico è che le indagini preoperatorie, come l’ecografia e la risonanza magnetica, seppur importanti, possono non essere così strettamente necessarie in quanto la VAAFT ha una fase diagnostica che consente di seguire la fistola in ogni sua direzione, determinandone le caratteristiche direttamente durante l'intervento chirurgico. Risulta ovvio che, trattando la fistola dal suo interno, la conoscenza dei rapporti che essa contrae con gli sfinteri non è importante ai fini del trattamento ma semmai solo per scopi scientifici. Il terzo vantaggio tecnico è il sicuro reperimento dell’orifizio fistoloso interno. Tutte le tecniche chirurgiche tradizionali considerano fondamentale la localizzazione e la chiusura dell’orifizio interno. Gran parte delle recidive sono proprio dovute al mancato reperimento o all’imperfetta chiusura dello stesso.
I vantaggi clinici sono altrettanto evidenti. Prima di tutto le cicatrici nella regione perianale o sulle natiche sono minime. Il paziente non deve eseguire dolorose medicazioni e non rimangono cicatrici deturpanti come per le tecniche tradizionali. Non vengono applicati setoni, elastici o altri presidi con evidente vantaggio per il paziente. Ciò comporta un risparmio di tempo e di denaro non solo per il paziente ma anche per la Struttura Sanitaria di riferimento. Altro importante vantaggio è che trattando la fistola dall’interno, non è possibile provocare danni agli sfinteri, azzerando così il rischio di incontinenza postoperatoria che varia dal 10 al 30 % negli interventi tradizionali.
Nella maggior parte dei casi il dolore postoperatorio è ben tollerato anche quando la sutura si localizza nel canale anale (notoriamente molto sensibile). La sutura ha una lunghezza variabile da 1,5 a 2 cm per cui il dolore non è così importante come ci si aspetterebbe nel caso di cicatrici più ampie. La maggior parte dei pazienti assume analgesici per 2 o 3 giorni nel periodo postoperatorio e, in taluni casi, solo durante il primo giorno dopo l’intervento. La ripresa dell'attività lavorativa o scolastica di solito è praticamente immediata.